“Con la maggioranza di 18 voti a favore e 3 contrari, il consiglio federale della Figc ha approvato le linee guida proposte dal presidente Gabriele Gravina da applicare in caso di nuovo e definitivo stop al campionato: in caso di necessità, l’algoritmo servirà a stabilire le qualificate in Europa e le retrocessioni. Via libera ai play off e ai play out, se il campionato si ferma dopo la ripartenza e ci sono le date utili per disputarli.
Il Consiglio Federale ha deciso anche per la chiusura delle competizioni sportive 2019/20 di calcio femminile”.
Soffermiamoci solo su quest’ultimo periodo, riguardante il calcio femminile, che sul resto s’è già detto e scritto abbastanza. Una riga e mezzo per mettere fine ad una stagione sportiva, ma soprattutto per mettere una pietra tombale su anni di sforzi per ottenere una pari dignità con i colleghi maschi.
In questi ultimi tempi abbiamo avuto modo di leggere articoli di nobili firme del giornalismo femminile che lamentavano il mancato o limitato inserimento di signore nelle task force e nei posti strategici di governo, asserendo che contro il virus anche l’apporto femminile avrebbe avuto il suo peso, che la sensibilità propria della donna/madre, avrebbe potuto dare un valore aggiunto, cui erano seguite pronte ed ipocrite scuse e inserimenti più o meno congrui, a dare un tardivo contentino alle cosiddette “quote rosa” e tenerle buone, quando ormai i giochi erano fatti.
Detto per inciso, giusto per evitare di ricadere in quell’ipocrisia che non ho mai sopportato, sono da sempre contrario alle “quote rosa”, ad esse preferendo le “quote capaci”. Ovvero, se si devono assumere dieci persone per ricoprire dieci posti chiave, in qualsiasi settore, si scelgano le dieci più capaci, indipendentemente dal loro sesso. Se le dieci persone più capaci, in seguito ad esame dei curricula presentati ed alla valutazione pratica sono donne, si assumano dieci donne e viceversa, non se ne assuma manco una sé nessuna sta nelle prime dieci. Curricula neutri, o asessuati, risolverebbero il problema. Ma torniamo al nostro argomento, ovvero alle nostre signore in tacchetti, ma non a spillo, per capire se esiste una evidenza scientifica che ci garantisce che, disputando le partite di campionato, i calciatori maschi non sono a rischio covid, mentre le calciatrici femmine si, oppure ci dicano chiaramente che tutte le belle parole fino ad oggi spese per le nostre ragazza del pallone, che agli ultimi mondiali hanno degnamente rappresentato la Nazione, mentre i maschi guardavano, comodamente seduti nei loro salotti la TV, erano fregnacce prive di ogni significato ed aderenza alla realtà, dette solo pro forma, giusto per non incorrere nel “politicamente scorretto” tanto temuto da tutti.
Altrimenti il rischio di ricadere nel vergognoso “quattro lesbiche” con cui la passata presidenza aveva liquidato il movimento calcistico femminile, è sempre pericolosamente in agguato dietro l’angolo.
Allo stesso modo mi aspetto, sempre per coerenza, che a partire dalle signore ministre e giù giù, fino alla semplice massaia, passando per commissione pari opportunità e nobili firme del giornalismo femminile, ci sia una indignata levata di scudi contro questa decisione.
Salvo che si voglia ammettere, una volta per tutte, che il calcio professionistico maschile, gode di una sorta di extraterritorialità dai confini molto elastici, all’interno della quale può accadere di tutto ed il contrario di tutto.
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