di Piergiorgio Raimondo

Molti visitatori del nostro Museo, complimentandosi con i volontari per la maglia granata che indossano, chiedono informazioni sull’origine della stessa. Tutto ebbe inizio nel 1914, durante la prima trasferta transoceanica del F.C. Torino.

Allenatore di quella squadra era nientemeno che Vittorio Pozzo; nelle sue memorie  ecco come nacque la maglia “Americana” e alcuni curiosi aneddoti:

….A Buenos Aires, quel giorno, 30 agosto 1914, dopo poco meno di una diecina di giorni di viaggio, malgrado ogni mia più decisa opposizione, dovemmo giuocare.

Chiusomi a chiave in camera, dovetti aprire un po’ a tutti. Respinta ogni offerta della Federazione argentina, fu, verso mezzogiorno, l’Ambasciata d’Italia a gettare sulla bilancia l’argomento più valido: si sperava di trovare un piroscafo per il nostro ritorno in Italia entro otto o dieci giorni e, per mantenere l’impegno di giuocare almeno tre partite nella capitale argentina, bisognava disputare subito, quel giorno stesso, che era una domenica, il primo incontro. Siccome io resistevo ancora, dicendo – cosa giusta – che non avevo più maglie a disposizione, mi si mandò Juán Brown, che mi portò nel suo negozio e regalò alla squadra una muta di maglie che non erano granata ma rosse con colletto e bordo bianco. Quella stessa muta portata poi in Italia, venne indossata come ‘maglia americana’ portafortuna. Questo Juan Brown era quello che si può definire veramente un bel tipo. Era, a quell’epoca, uno dei superstiti di quella famosa dinastia che aveva dato luogo alla squadra degli ‘Alumni’.

Una squadra che fu un esempio unico nel mondo, in tutti i tempi. Era composta tutta di Brown, tutti fratelli o cugini. Oriundi inglesi, studiavano tutti nella stessa scuola, a Buenos Aires. Da ciò il loro nome, come squadra. Si iscrissero al campionato dell’Argentine Football League nel 1901 e, sotto il nome di ‘Alumni’, lo vinsero subito. E lo vinsero anche l’anno dopo… Tutti Brown, sempre… La squadra era l’immagine della coesione e dell’intesa, e ad un dato punto si pensò di dichiararla ‘fuori concorso’ perché batterla era impossibile. Si sfaldò da sé, per esaurimento, per mancanza di materia prima, per mancanza di Brown.

Giuocammo quindi nel pomeriggio, in sul tardi, all’Avellaneda, che era allora il campo del Racing. L’avversario recava il nome di Scratch argentino o “Combinado”, ed era così composto: Wilson; Chiappe e Juan Brown; Betular, Olazar ed Ernest Brown; Fernandez, Watson Hutton, Marcovecchio, Hospital e Taggino.

A cui noi contrapponemmo: Morando; Capra e Bachmann; Valobra, Peterly e Lovati; Debernardi II, Mosso III, Tomaselli, Arioni IV e Arioni II.

Stanchissimi, i nostri incominciarono male: a metà tempo perdevano per due a zero, due punti segnati da Marcovecchio. Ci riprendemmo alquanto nella ripresa e la distanza fu diminuita da una splendida rete di Mosso III. A sera, mentre eravamo a tavola, all’Hôtel Español, Avenida de Mayo, Marcovecchio venne a chiedermi ospitalità: suo padre, italiano autentico, saputo che era stato lui a segnare contro di noi, lo aveva messo alla porta, indignato.

Giovedì 3 settembre, secondo incontro a Caballitos, sul campo del Ferrocarril Oeste, avversario il Racing, quella che doveva poi essere la squadra di Guillermo Stabile. Formazione del Racing:Arduino, Ochoa e Reyes; Betular, Olazar e Pepe; Canaveri, Ohaco, Marcovecchio, Hospital e Perinetti.

Squadra del Torino: Morando; Capra e Bachmann; Valobra, Peterly e Lovati; Debernardi II, Mosso III, Tomaselli, Arioni III e Arioni II.

Perdemmo anche quest’incontro, dopo una dura lotta però, per una rete a zero, segnata nel secondo tempo da Ohaco.

(continua…)

 

Fonte: “I ricordi di Pozzo” di Vittorio Pozzo

 

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.