Ciao ragazzi.

Settantacinque anni sono tanti. Tanti giorni, mesi, ore che ci separano da quel momento che ha cambiato la vita a moltissime persone.

Penso, spesso, se quell’aereo fosse atterrato a Torino Caselle, quel giorno, quel quattro maggio, e ci fosse stato il sole in pista e se i parenti, gli amici e i tifosi fossero stati lì, ad aspettare di vedervi sfilare con le vostre valigie, quelle stesse valigie che furono trovate, alcune incredibilmente intatte con all’interno, fra i pantaloni piegati e qualche oggetto personale, la vostra vita futura.

Ecco. Immagino questo e ancora un “oggi” molto diverso. Sarebbero nati dei figli, ci sarebbero stati degli amici e molte situazioni del tutto normali come succede nella vita di chiunque, avrebbero creato l’opportunità per dire “ciao ragazzi, andiamo a farci un aperitivo in centro?”, giusto per dire una cosa semplice.

Opportunità. Quella che la vita non vi ha dato, perché quell’appuntamento era già fissato tra le nuvole che coprivano la visuale al pilota, era già fissato dalla clessidra che stava perdendo le ultime polveri. Un conto alla rovescia.

Perché dobbiamo ricordare lo schianto? Perché dobbiamo ricordare la tragedia… C’è stata, ineluttabile. L’abbiamo già detto. Non si torna indietro.

Ma esiste una possibilità: pensare ad ognuno di voi nell’attimo prima dello schianto, pensare al battito del vostro cuore che scandiva i pensieri e immaginava il futuro. Non possiamo continuare a ricordare che siete morti. Non è giusto. Non è giusto per ciò che siete stati, per quello che avete vissuto, per l’amore e le emozioni vive che vi hanno trafitto.

La vostra vita è quella da ricordare, non la vostra morte. Il sorriso, la gioia e anche il dolore che avete provato, ma soprattutto la bellezza di essere stati vivi e insieme, uniti, grandi…

Settantacinque anni sono tanti e oggi chissà che ricordo si avrebbe del grande ed invincibile Toro se quel 4 maggio di 75 anni fa non fosse successo quello che è successo… Per questo, per la vita che avete avuto io voglio ricordarvi, insieme a tutti quelli che disegnano un sorriso sul volto pensandovi, non una lacrima che riga le guance, ma un sorriso per dire, grazie di esserci stati, di aver fatto parte di un cerchio infinito.

Non so se mai qualcuno di voi e chi vi ha amato abbia potuto perdonare quello schianto, quel fragore improvviso che ha polverizzato la vostra esistenza, si, proprio quella di ognuno di voi.

Per me siete ancora tutti lì. Schierati sul campo, pronti a giocare l’ultima partita. E se ci fosse ancora mio padre che prese i guantoni di Valerio Bacigalupo, saprei per certo che vi direbbe…arrivederci ragazzi, volate felici in quel per sempre dove tutti un giorno ci abbracceremo… e sarà l’unica festa che non avrà mai fine…

Simonetta Vandone 

Tags:

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.